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LA LOGICA DI GESU’, QUELLA DELLA GRATUITA’

Omelia di Mons. Leonardo D'Ascenzo nella Festa della Chiesa Diocesana - Trani, 20 ottobre 2020

Generale
LA LOGICA DI GESU’, QUELLA DELLA GRATUITA’

LA LOGICA DI GESU’, QUELLA DELLA GRATUITA’
Omelia nella solenne concelebrazione eucaristica in occasione
della Festa della Chiesa Diocesana
Trani, 20 ottobre 2020

 
Lo zelo per la casa del Padre, porta Gesù a fare una frusta di cordicelle e, come abbiamo ascoltato dal racconto del vangelo di Giovanni, a cacciare tutti fuori dal tempio: i venditori di buoi, di pecore e di colombe, i cambiamonete, gettando a terra il loro denaro e rovesciando i loro banchi. La casa del Padre, dice Gesù, non è un mercato. Ciò che contesta è la logica della compra-vendita nella relazione con Dio e nella relazione tra i suoi figli. Si compra, si da qualcosa per acquistare, per avere in cambio qualcos’altro: scambio di monete, acquisto di animali, offerta di sacrifici cultuali per ottenere da Dio una qualche ricompensa.
Dobbiamo riconoscere che capita anche a noi di vivere questa logica:
- Preghiamo, ci impegniamo a recitare il rosario, a partecipare ad un pellegrinaggio, a far celebrare delle messe, a mettere in pratica delle rinunce, digiuni o fioretti con l’intenzione di ottenere in cambio quello che chiediamo;
- Diamo il nostro tempo, le nostre energie in un servizio e desideriamo essere riconosciuti, gratificati;
- Diventiamo tristi, ci arrabbiamo, ci isoliamo, ce la prendiamo con il mondo quando tutto questo non dovesse accadere.
Nella casa del Padre, nella chiesa, deve dominare un’altra logica, quella della gratuità e non del “do ut des”. Credo che la gratuità debba segnare profondamente la nostra vita se vogliamo concretizzare l’obiettivo di questo anno pastorale: chiesa povera per i poveri!
Gratuità nel rapporto con Dio, consapevoli di aver ricevuto e di continuare a ricevere tutto da Lui, nostro Padre buono. Di Lui ci fidiamo, a Lui ci affidiamo.
Gratuità nel rapporto tra di noi, desiderosi di:
- Prenderci cura gli uni degli altri, senza aspettare il contraccambio;
- Offrire il nostro servizio in famiglia, nel condominio, nei nostri ambienti di vita, in parrocchia, nella comunità diocesana, ciascuno nella propria vocazione: catechisti, educatori, genitori, figli, consacrati, diaconi, sacerdoti, vescovo, contenti e appagati solo dal donarci nel servizio, senza aspettare altro …
La chiesa, la nostra chiesa diocesana, non può che aspirare a testimoniare il Signore Gesù e ad essere riconosciuta come il corpo di colui che “pur essendo di condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini […] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce” (Fil 2, 6-8).
Vogliamo essere chiesa povera per i poveri perché desideriamo somigliare a Gesù!
Continuiamo ad andare incontro ai poveri con le nostre caritas, con i nostri gruppi di volontariato, con le tante attenzioni verso i più bisognosi che segnano il nostro cammino pastorale ogni anno.
Sentiamo l’obiettivo di questo anno, indicato negli orientamenti pastorali, in tutta la sua urgenza, come un pungolo che non deve lasciarci tranquilli. È un obiettivo, quello della chiesa povera per i poveri, che noi stessi ci siamo dati, e vogliamo mantenervi fede, soprattutto in un tempo, come quello che stiamo vivendo, in cui veniamo criticati e accusati di incoerenza tra il dire e il fare. Critica spesso ingenerosa e infondata; a volte, però, rispondente alla realtà.
Ogni singolo sacerdote, consacrato o consacrata, laico o laica e ogni comunità parrocchiale, gruppo ecclesiale, confraternita, associazione, movimento …, insomma ogni membro del corpo ecclesiale, che è la nostra diocesi, si senta chiamato a crescere nella somiglianza a Gesù, Dio che si è fatto povero, che ha scelto la strada della povertà per venirci incontro, per realizzare comunione con noi, per arricchirci. Ci ha donato la sua vita fino a morire perché noi possiamo vivere.
Non lasciamo cadere quello che Papa Francesco ci ha ricordato al terzo capitolo della sua ultima enciclica “Fratelli tutti” quando, citando San Gregorio Magno, afferma che “non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro”. E ancora, a proposito della cura reciproca sostiene che “se qualcuno possiede acqua in avanzo, e tuttavia la conserva pensando all’umanità, è perché ha raggiunto un livello morale che gli permette di andare oltre se stesso e il proprio gruppo di appartenenza. Ciò è meravigliosamente umano!”.
E noi, desideriamo realizzare qualcosa di meravigliosamente umano? Per esempio, una maggiore presenza dei giovani nelle caritas e nei gruppi di volontariato, oppure la costituzione delle antenne condominiali così come chiedono i nostri Orientamenti pastorali? Per esempio, qualche parrocchia con maggiori possibilità economiche o maggiori risorse umane per le attività pastorali che si prenda cura di un’altra comunità che si trovasse in condizioni peggiori?
Sforziamoci di essere chiesa povera. Una chiesa fatta di persone che si prendono vicendevolmente cura le une delle altre. Nei mesi scorsi, con il contributo straordinario di 710.000 euro stanziato dalla CEI attingendo dall’ 8 x 1.000 nazionale, abbiamo costituito dei fondi per chi ha perso il lavoro, per le persone con problemi economici, per i sacerdoti e per le comunità parrocchiali in difficoltà, sono ormai quasi esauriti e aspettano, per continuare ad essere di aiuto a chi si trova nel bisogno, il contributo, che stenta ad arrivare, da parte di chi sta meglio: singole persone, aziende, imprenditori, associazioni, gruppi, confraternite, comunità parrocchiali, sacerdoti. Realizziamo qualcosa di meravigliosamente umano!
I nostri beni materiali non sono un tesoro da conservare gelosamente; non sono una ricchezza da utilizzare per mostrare la propria grandezza o il proprio potere; non sono da utilizzare per superare gli altri nella inutile gara dello spreco e della visibilità; sono beni da condividere perché ci appartengono, come ci ricorda ancora Papa Francesco, in modo relativo: ci appartengono perché possiamo utilizzarli al fine di prenderci cura di chi è nel bisogno.
Consapevoli delle difficoltà di sempre, della emergenza sanitaria, economica, sociale e pastorale che continua a preoccuparci, proseguiamo confidando nell’aiuto di Dio il nostro cammino di chiesa.
Orientiamo il nostro sguardo verso il medesimo orizzonte: Gesù povero. Chiesa povera per i poveri.
Camminiamo verso questo obiettivo insieme, tutti protagonisti senza protagonismi.
Sentiamoci fortemente chiamati a crescere nella comunione.
Buon anno pastorale a tutti!
+ d. Leonardo